Ad perpetuam rei memoria,
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<h1 style="text-align: left;">Lettera aperta al rettore dell'Università di Torino</h1>
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<a href="#" id="accessibility">Versione accessibile</a>
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<a href="#" id="accessibility">Versione accessibile</a> · <a href="#ad_perpetua">Ad perpetua rei
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memoriam</a>
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<main class="letter">
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<a href="https://forms.gle/Nr9ti1skTgHoN3mu7">Firma (in forma anonima o
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personale)</a>
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<p><i>Nota</i>: per firmare occorre essere autenticati con un account Google fornito dall'Università.</p>
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Per firme e sostegno non da parte di studenti dell'Università degli Studi di Torino, vogliate contattare: <a
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href="mailto:mattia.mascarello@edu.unito.it">mattia.mascarello@edu.unito.it</a>
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<!--https://forms.gle/Nr9ti1skTgHoN3mu7 -->
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<a href="javascript:void(0);">Firma (in forma anonima o
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personale)</a>
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<p><i>Nota</i>: per firmare occorre essere autenticati con un account Google fornito dall'Università.</p>
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Per firme e sostegno non da parte di studenti dell'Università degli Studi di Torino, vogliate
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contattare: <a href="javascript:void(0);">mattia.mascarello@edu.unito.it</a>
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<p><b>La raccolta firme è chiusa. <br /> Grazie a tutti per il supporto.</b></p>
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<p><a href="#ad_perpetua">Ad perpetuam rei memoriam</a></p>
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<p id="signatures"></p>
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<p><b>Alice Depetro</b>, <b>Filippo Blengino</b> - membro di direzione Radicali Italiani</p>
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<p><b>Lorenzo Topino</b>, <b>Emanuele Costa</b>, <b>Giacomo Roggero</b>, <b>Edoardo Demichelis</b> - Politecnico di Torino</p>
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<p><b>Alice Depetro</b>, <b>Filippo Blengino</b> - membro di direzione Radicali Italiani</p>
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<p><b>Lorenzo Topino</b>, <b>Emanuele Costa</b>, <b>Giacomo Roggero</b>, <b>Edoardo Demichelis</b> - Politecnico
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di Torino</p>
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<p><b>Simone Canevarolo</b> - Politecnico di Torino, Senato Accademico</p>
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<p><b>Gianluca Rovagna</b> - ex studente</p>
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<p><b>Radicali Italiani</b></p>
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<p><b>Luca Balleriano</b> - Università degli Studi di Palermo</p>
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<p><b>Spedita Giovedì 6 giugno 2024</b></p>
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<h1 id="ad_perpetua">Ad perpetuam rei memoriam</h1>
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Carissimi firmatari,
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Due settimane sono passate da quando abbiamo inviato la lettera aperta al rettore dell'Università di Torino.
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In questo tempo, Palazzo Nuovo è stato abbandonato dagli occupanti, e abbiamo raggiunto le oltre 120 firme
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di studenti e cittadini che credono in un'Università libera, aperta, democratica. Non era scontato superare
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la concorde ignavia.
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Nessuna risposta è giunta a noi, ma certamente una risposta è giunta a chi si è fatto portavoce della
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sedicente intifada studentesca.
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Il testo originario di questa lettera infatti è pur mite rispetto a quanto è accaduto e quanto si è detto
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dal 19 marzo scorso, quando il Senato Accademico, interrotto con violenza, ha rifiutato, certo non
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con accorta serenità, un bando di collaborazione con le Università israeliane.
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A seguire è a tutti ben noto quanto è accaduto, eppure taluni vorrebbero ricordare quanto è avvenuto come
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una placida e pacifica manifestazione, di studenti inermi, amanti della pace, della vita, preoccupati per la
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sorte di chi soffre, di chi è oppresso. Studenti che solo volevano essere ascoltati, che solo volevano far
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tutto in loro potere per fermare la guerra, e che con questo spirito nel cuore molto sacrificio hanno fatto.
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Tuttavia, la realtà dei fatti racconta una storia ben diversa. Abbiamo assistito a un'occupazione durata
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trentanove giorni, segnata da atti di vandalismo e da un'imposizione ideologica che ha ostacolato le
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attività didattiche e danneggiato il patrimonio fisico e morale dell'Università. Lungi dall'essere una
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protesta pacifica, si è trattato di un assalto organizzato e studiato da un gruppo determinato a imporre la
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propria pretestuosa agenda, senza riguardo per gli altri studenti.
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Il comportamento delle istituzioni universitarie è stato altrettanto deludente. Invece di agire con
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decisione per ristabilire l'ordine e garantire il diritto allo studio di tutti, hanno scelto la strada
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dell'inazione perpetua e dei compromessi al ribasso. La decisione di accettare il diktat degli occupanti il
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19 marzo, senza un dibattito serio e ponderato, è stata una capitolazione vergognosa. La gestione della
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crisi è stata un fallimento e la tolleranza mostrata verso questa manifestazione continua ha leso in primo
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luogo gli studenti stessi, occupanti e non, creando un precedente pericoloso per il futuro, e in secondo
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luogo ha ottenuto solo la legittimazione dei metodi violenti ed autoritari di un manipolo di attivisti
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narcisisti, immaturi ed illiberali il cui unico obiettivo è ottenere il proprio arbitrario controllo
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sull'Università.
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Nemmeno quando l'Imam di Torino Brahim Baya ha trasformato i locali laici di Palazzo Nuovo in
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un'improvvisata moschea, con tanto di preghiere, benedizioni in lingua araba ed inni alla Guerra Santa, si è
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deciso di intervenire per ristabilire l'ordine. L'azione dell'Imam è
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stata condannata sia dalla Questura, che diffidandolo ha impedito la sua presenza al Politecnico, che dal
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Governo, che ha richiesto l'apertura di un'indagine per il sermone in apologia del Jihad, eppure dagli
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organi accademici non è giunta altro che una condanna a parole, puramente pro forma. L'incapacità di agire
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di fronte ad un episodio di simile gravità è stato un fatto a dir poco imperdonabile.
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È ben probabile che in futuro non si discuterà più di quanto accaduto, e tutto verrà accolto dalla patina di
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normalità, di prassi quasi archivistica che si riserva ai perpetui moti degli universitari.
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La libertà e la rettitudine richiedono coraggio. Uno spirito libero si piega ai compromessi, si relaziona ai
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fatti, ma non si fa travolgere.
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Poco più a nord, oltre la Dora, c'è un complesso universitario denominato "Campus Einaudi". Il nome è un
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omaggio a Luigi Einaudi. "Conoscere per deliberare" diceva Einaudi. Einaudi, che fu rettore dell'Università
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di Torino, che fu presidente della Repubblica. Einaudi, che fu un uomo di grande cultura e di grande
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coraggio.
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Si spera che qualcosa di Einaudi sia rimasto in noi. Einaudi, che fu un uomo libero.
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<b>Mattia Mascarello</b><br />
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con <b>Francesco Fronte</b>
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<script>
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// fetch names.json
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fetch('/lettera-aperta-rettore/names.json')
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